Tommaso Campanella, La Città del Sole, Edizioni di Ar, Padova 2014, pp. 122
E’ un testo classico che mantiene tutta la sua importanza, La Città del Sole.
La forza dirompente e la suggestione primaria di quest’opera stanno nella sua capacità di immaginare e di rappresentare un regime a un tempo comunista e teocratico, contraddistinto dalla messa in comune delle risorse (materiali e financo personali: i figli, le donne …) e da una precisa gerarchia destinata a custodire l’origine trascendente dello Stato e le sue finalità “totalitarie”.
In uno scritto utilizzato – vanamente – come difesa giudiziale (la Secunda delineatio defensionum) Campanella (1) precisa la sua ispirazione antimoderna, che lo mise fra l’altro in polemica con Machiavelli, del quale contestava l’orientamento settoriale e la mancanza di riferimenti superiori (2): “Nessun impero né regno si è potuto reggere con la sola prudenza politica (…) Per questo Socrate affermò che lo Stato va in rovina se viene meno l’arte divinatoria, e Salomone che il popolo è perduto senza profezia”.
E’ forte nel corso di tutta la sua vita il riferimento all’importanza della profezia e della predestinazione; lui stesso è “novello legislatore del mondo, eletto da Dio”. In un sonetto di commento al salmo Saepe expugnaverunt me così riassume la sua vicenda umana: “Spesso m’han combattuto, lo dico ancora/fin dalla giovinezza; ahi troppo spesso !/Ma d’espugnarmi non fu lor concesso,/ch’è Dio che mi sostiene e mi rincuora”.
Nella Città del Sole egli fissa i lineamenti di quella renovatio mundi alla quale i filosofi devono dare un contributo essenziale, trasformando la teoria in modello praticabile.
Di contro alla “commedia universale”, di contro al “teatro del mondo” – oggetti di studio costante da parte di Campanella – viene delineato uno Stato ideale che è modello di armonia, di ordine, di corrispondenza fra essere e apparire.
Al vertice – senza separazione di potere spirituale e materiale – sta il Principe Sacerdote, ovvero il Metafisico, ovvero il Sole; dopo di lui, o meglio al suo fianco (“collaterali”) i tre Principi rappresentanti Potestà, Sapienza e Amore; via via segue una gerarchia di ufficiali ed enti intermedi destinati a dare sostanza a una retta e felice vita sociale.
Assenza di proprietà privata, educazione comune di base ed eugenetica sono aspetti imprescindibili della disciplina solare, così come l’esigenza di accordare a ciascun membro della comunità dignitosi mezzi di sopravvivenza; l’analogia/simpatia fra corpi celesti ed enti terrestri – fra macrocosmo e microcosmo – è attentamente considerata.
In un sonetto intitolato “Sulle radici dei gran mali del mondo” Campanella indica quali siano stati i bersagli della sua vita: “Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia”. Quest’ultima si nasconde evidentemente anche ai massimi livelli, quando l’istituzione subisce il contrappasso della contraffazione: “Non è re chi ha regno, ma chi sa reggere”, titola con coraggio un altro suo sonetto.
Un’ultima considerazione: domenicano talvolta in sospetto di eresia, Tommaso Campanella manifesta ne La Città del Sole una concezione del Sacro che va al di là della dottrina cattolica; che la comprende, sicuramente, ma che sembra andare oltre.
La collocazione di questa città santa è vicino a Taprobana, che secondo la descrizione di Tolomeo potrebbe corrispondere a Ceylon (per altri potrebbe essere vicino a Sumatra; come spiega l’attento curatore dell’opera, si tratta più di una visione che di un preciso spazio geografico): una collocazione comunque “esotica”, estranea al mondo tradizionalmente cattolico.
I Solari onorano personalità spirituali diverse: “Moisè, Osiri, Giove, Mercurio, Macometto ed altri assai; e in loco assai onorato era Gesù Cristo e li dodici Apostoli, che ne tengono gran conto, Cesare, Alessandro, Pirro e tutti li Romani” (p. 19); e “cantano gesti di eroi cristiani, ebrei, gentili, di tutte le nazioni” (p. 47), così da suggerire un’impronta realmente imperiale, più che confessionale, della Città del Sole.
NOTE
1. Vita veramente straordinaria, quella di Tommaso Campanella: l’infanzia e adolescenza in Calabria, l’entrata già da ragazzo nell’ordine domenicano, il trasferimento a Napoli, la congiura, l’arresto, l’indicibile (40 ore !) tortura della “veglia”, la simulazione della follia, i 27 anni consecutivi di carcerazione, l’enorme quantità di opere scritte durante la detenzione, la liberazione, il nuovo (breve) imprigionamento, l’esilio in Francia e la felice permanenza alla corte del Richelieu, la morte e la sepoltura in un convento andato distrutto, insieme alla sua tomba, durante la Rivoluzione, nel 1795
2. “Sembra dunque indubitabile il divario fra Machiavelli e Campanella: due menti lontane e antitetiche”, afferma Gerardo Di Nola in Tommaso Campanella, il nuovo Prometeo: da poeta-vate-profeta a restauratore della politica e del diritto, ESD Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1993, p. 155